Santa Sabina e la Pietra del Diavolo - Roma

Sul colle Aventino, della città eterna si trova una delle più belle e conservate basiliche del periodo paleocristiano.

In questo luogo la vegetazione è rigogliosa e il profumo degli aranci contribuisce a rendere la basilica un posto unico e incantevole.

Costruita sulla tomba della martire romana Sabina, la chiesa cambia il suo assetto per passare al barocco e successivamente al neo paleocristiano. Per la bellezza e il grande fascino è scelta dalle giovani coppie che vogliono convolare a nozze, coronando qui il loro sogno d’amore.

All’interno della sacra costruzione, in un angolo a sinistra si trova una colonna tortile candida come la neve, su cui poggia una pietra nera come l’abisso. Questo misterioso macigno è conosciuto come "lapis diaboli" la pietra del diavolo.

Di forma tondeggiante sulla sua superficie spiccano dei solchi che potrebbero far pensare a incisioni d’artiglio.

Una leggenda del 1220 racconta che San Domenico, che a quel tempo soggiornava nella basilica, dopo averla ricevuta in affidamento nel 1219 da papa Onorio III, si confrontò molte volte con il maligno che, inutilmente cercava d’indurlo in tentazione.

Sembrerebbe che una notte mentre il buon Domenico era come di consueto impegnato nei suoi esercizi spirituali il demonio, che non gradiva di certo la fede inamovibile del Santo, scagliò su di lui una grossa pietra di basalto squarciandola dal tetto.

Fortunatamente, per San Domenico, il colpo non andò a segno e, il maligno si allontanò con la coda fra le gambe.

Sempre legata alla figura di Domenico di Guzmán, nel complesso di Santa Sabina vi è un'altra leggenda: all’interno del giardino della Basilica si troverebbe la prima pianta di arance portata dal Sant’uomo in Italia dalla Spagna sua terra natia.

La pianta e i suoi frutti, sono da sempre ritenuti miracolosi, in quanto da quei lontani anni, circa ottocento per l’esattezza, sono sempre rifioriti, rinnovandosi continuamente dal ceppo originale.

Alle foglie venivano attribuite virtù taumaturgiche, infatti venivano raccolte dai fedeli che le conservavano, utilizzandole anche per alleviare le sofferenze agli ammalati.

Si racconta anche che, Santa Caterina da Siena nel 1379 donò a papa Urbano VI, cinque arance, candite da lei personalmente, colte proprio da questo albero. Sembrerebbe che la santa con questo gesto avesse voluto dimostrare al santo pontefice che, anche un frutto aspro, come l’arancia, poteva donare dolcezza, una chiara metafora riferita al papa che, non era certo noto per il suo buon carattere.

La pianta è tutt’ora visibile, da un’apertura sul muro di fronte all’antichissimo portale ligneo, sul quale spicca tra le sue incisioni, una delle più antiche raffigurazioni della crocifissione di Gesù con i ladroni.

E il maligno che fine fece? Si dice che di tanto in tanto ricompaia per indurre in tentazione qualche sprovveduto, ma, con scarsi risultati!!


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