Le Streghe di Nogarèdo - Trento
Una bellissima canzone di Ivano Fossati, Lunaio di Settembre, ci parla della triste storia delle presunte streghe processate tra il 1646 e 1647 a Nogarèdo un comune nella provincia di Trento.
Il nome del paese, Nogaredo, sembra derivi da Nux che significa guarda caso noce: una pianta molto amata dalle streghe, il cui termine, deriva dal latino Strix e significa uccello notturno.
Le donne, trucidate dall’inquisizione, il più delle volte, non avevano nulla a che fare con le accuse che gli erano mosse, spesso si trattava di povere donne di umili condizioni la cui colpa era soltanto quella di aver conservato e tramandato quelle tradizioni popolari, legate alla natura, che derivano da un paganesimo mai estirpato da Santa Romana Chiesa: erboriste, levatrici e vedove erano tra le più accusate.
Fu Innocenzo VIII, nel 1484, a dar via a questa crudele crociata con la sua bolla “Summis desiderantes affectibus“ (Desiderando con supremo ardore) incaricando i frati Dominicani, Heinrich Institor Kramer e Jacob Sprenger, di estirpare la stregoneria dalla valle del Reno.
Furono poi questi stessi inquisitori a erigere due anni dopo, quella che sarebbe diventata la bibbia, contro ogni forma di stregoneria, e che prese il nome di Malleus Maleficarum, (Il Martello delle Streghe).
Le vicende di Nogarèdo, al quale la canzone di Ivano Fossati fa riferimento, inizia il 26 Settembre 1646 alla fontana della piazza principale del paese.
Tra due donne, tali Maria Salvatori detta Mercuria e Domenica Chemelli detta Menegota, scoppia una tremenda e plateale lite: una discussione come tante nelle fontane dove, una accusa l’altra di averle rubato dei pezzi di iuta. Spesso queste banali liti, erano un pretesto che nasconde rancori ben più profondi.
Interviene a sostenere la Menegota sua figlia Lucia Caveden, e la Mercuria, soprafatta dalle due donne, per non avere la peggio, si ritira tatticamente meditando, però in cuor suo tremenda vendetta.
Mercuria adirata contro le sue acerrime nemiche presenta una infamate denuncia: le due donne madre e figlia non sono altro che Strie (streghe), dando cosi inizio alle persecuzioni di Nogarèdo.
Si sa che la vendetta spesso e un’arma a doppio taglio, e anche la Mercuria da accusatrice diventa accusata, subendo anche lei quelle torture che aveva sperato per le sue rivali.
I deliri delle torturate allargarono il giro dei sospetti, cosicché tante furono le donne coinvolte, le più, ignare dei fatti che a loro venivano imputati.
Sotto tortura si confessava di tutto anche l’inverosimile.
Il processo si concluse il 14 aprile, con la condanna di tutte le accusate. Il popolo fu costretto ad assistere alle’esecuzione, pena 25 ducati, in caso di disobbedienza come si evince dagli atti del processo: “Noi Paride Madernino, giudice delegato, sentenziamo e condanniamo Domenica Chemelli, Lucia Cavaden, Domenica Graziadei, Caterina Fitola, Ginevra Chemola Isabetta e Paolina Brentegani. Che per mano del ministro di giustizia, a tutte sopra le giare, luogo a questo effetto destinato, gli sii tagliata fa testa dal busto, a tale che se ne morino e le anime loro si separino dalli corpi; e inoltre gli cadaveri di quelle siino abbruciati e le reliquie sue in dette giare seppellite ad esempio d’altri. I beni delle donne confiscati”.
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